mercoledì 30 gennaio 2008

sintesi e copiato COCCO: auspicando una collaborazione in tal senso da tutti

1. L’IMPORTANZA DELLA CONOSCENZA PSICOLOGICA.

Nell’ambito dell’insegnamento ampio spazio va dato alla psicologia atteso che alla scuola, citando G. Setter, spetta sia il compito dell’alfabetizzazione che quello di promuovere la formazione della personalità.

In particolare la conoscenza psicologica è importante per:

- conoscere il processo di crescita psicologica;

- ottenere con più facilità i risultati sull’alfabetizzazione (processi cognitivi e dell’apprendi-mento, meccanismi percettivi e mnemonici, etc.);

- gestire le relazioni interpersonali e le dinamiche di gruppo (quali variabili nel meccanismo di crescita e di apprendimento).

NOTA: La sensibilità e la consapevolezza dell’insegnante nel cogliere la valenza relazionale di ogni atto comunicativo è un elemento fondamentale della sua professionalità, e, questo perché la classe è un gruppo le cui dinamiche (comunicazione, leadership, potere, etc.) influenzano il comportamento e la maturazione del singolo.

1.1.1. L’ATTEGGIAMENTO DELL’INSEGNANTE.

Gli atteggiamenti dell’insegnante come leader si possono raggruppare in:

- COMPRENSIONE sia cognitiva, delle dinamiche interpersonali, che affettiva, per l’accet-tazione delle persone;

- EMPATIA E CONGRUENZA: conquista della fiducia/stima del gruppo e dei suoi membri;

- SOLLECITAZIONE, far esprimere i punti di vista e le opinioni;

- POSIZIONE AUTOREVOLE non imposizione autocratica delle opinioni.

Sono pericolosi quelli caratterizzati dai cc.dd. effetti PIGMALIONE, ALONE, CONTRASTO, STEREOTIPIA, DEI RISULTATI ATTESI, e, ECO, di essi diremo nel sottoparagrafo seguente.

Le strutture di atteggiamento a differenza delle semplici strutture cognitive possiedono una carica emozionale negativa o positiva che pone forti resistenze al cambiamento; è necessario cioè che affinché si pratichi un nuovo comportamento esso deve essere compatibile e significativo rispetto alla totalità delle strutture cognitive ed emozionali degli insegnanti ovvero che si modifichi in primis tali strutture. Uno studio di questo tipo – analisi e/o modificazione delle strutture cognitive – pone in rilievo:

1) comprensione del proprio agire ed individuazione delle conoscenze, convinzioni ed espe-rienze che lo mediano;

2) verifica e confronto del proprio agire con le conoscenze teoriche derivate dagli studi e dalle ricerche sulla promozione della personalità scolastica degli allievi;

3) potenziamento ed acquisizione delle competenze desiderate tramite un’opportuna forma-zione;

4) riflessione sulle modalità per riprogettare il proprio agire alla luce delle nuove acquisizioni;

5) realizzazione e valutazione di un intervento programmato nelle situazioni concrete.

1.1.2. COMPORTAMENTO ED INFLUENZA DELL’INSEGNANTE.

La problematica relativa agli strumenti valutativi ed ai suoi possibili errori riveste tutti gli effetti negativi sull’atteggiamento dell’insegnante e si pone, segnatamente, nella più generale relazione insegnante/allievo e nella gestione del gruppo-classe.

A) Effetto pigmalione.

Possiamo parlare di profezia che si autoavvera. Il nome è tratto dallo scultore della mitologia greca Pigmalione che scolpì la statua di una bella fanciulla poi trasformata in essere vivente. Il concetto è che, attraverso il proprio sforzo e la propria volontà, una persona può trasformare un’altra persona. Le aspettative dell’insegnante sollecitano gli allievi ed il loro rendimento. A certe predizioni del successo o dell’insuccesso scolastico di ciascun allievo, fatte da docenti sulla scorta di taluni elementi informativi disponibili, conseguono comportamenti verbali e non verbali spesso inconsapevolmente coerenti con quelle previsioni. Queste finiscono con l’orientare e indirizzare non solo gli atteggiamenti del docente, ma anche e persino quelli dell’allievo, fino a strutturare e consolidare le condizioni che di fatto facilitano la concretizzazione degli esiti delle loro ormai coincidenti aspettative. Questo in linea di principio poiché esiste sempre il soggetto per cui la disistima degli altri accelera, anziché inibire, una reattività positiva, ma, considerando l’età degli allievi, la disistima del docente, (non ricevere fiducia e gratificazione, essere inibiti in iniziative protese all’autovalorizzazione) difficilmente produrrà atti di sfida per dimostare il valore di sé.

In sintesi: a) ciò che l’insegnante pretende ed il modo in cui tratta gli allievi determina in buona parte il rendimento ed i progressi; b) è importante creare elevate aspettative per una migliore produttività degli allievi; c) molto spesso i soggetti si comportano come credono che ci si aspetti che si comportino; d) il leader convinto del rendimento insufficiente di un collaboratore farà trasparire involontariamente tale convinzione; e) i nuovi membri forniscono prestazioni più soddisfacenti se inseriti nei gruppi migliori.

B) Effetto alone.

Consiste nell’alterazione del giudizio riferito ad una specifica prestazione in forza dell’influenza esercitata dai precedenti giudizi. Questi si espandono ben oltre il loro spazio originario, proprio come l’alone di una macchia, fino a caratterizzare, in modo impertinente, anche gli elementi di strutturazione di una nuova valutazione. Accade così che l’apprezzamento di una prova finisca con il non rispecchiare la qualità reale di quella e solo di quella specifica prestazione presa in esame. Dal punto di vista di un allievo che ha sempre avuto voti e giudizi positivi la cosa anche se ingiusta può risultare piacevole, ma dal punto di vista dello studente giudicato negativamente lo sforzo per recuperare la sua posizione è immane. In parole più semplici si è inavvertitamente disposti a trovare una qualsiasi giustificazione alle dèfaillances di chi nel passato è andato frequentemente bene e questo vale al contrario, laddove si pone l’incertezza su prestazioni positive di coloro che hanno in precedenza registrato risultati negativi.

C) Effetto di contrasto.

Si può verificare soprattutto durante le interrogazioni orali, ma anche nei compiti scritti a stimolo e risposta aperta. Consiste, come per l’effetto alone, in una sovrastima o sottostima di una determinata prova, ma questa volta rispetto a standard di prestazioni ideali del docente, o, più frequentemente, rispetto a precedenti, contestuali o immediatamente successive prove di altri allievi.

D) Effetto di sterotipìa.

Consiste nella scarsa alterabilità dell’opinione che ci si fa di un allievo dal punto di vista cognitivo e non cognitivo, così che ogni giudizio potrebbe risentire positivamente o negativamente della generalizzazione dell’opinione originaria. Possono a questo assimilarsi i cc.dd. effetti di pregiudizio o di empatia.Effetto della distribuzione forzata dei risultati.

Consiste nell’accettazione dell’ipotesi secondo cui gli esiti della formazione rispecchiano l’andamento della curva normale di molti fenomeni naturali, ovvero non possono che distribuirsi secondo la famosa curva a campana di Gauss. Per cui si ritiene che al termine dell’anno scolastico o di un corso di studi, un 20% degli allievi raggiungerebbe, a livelli ritenuti ottimali, gli obiettivi generali della formazione, un altro 20 si situerebbe a livelli più bassi, mentre l’altro 60% si attesterebbe su livelli di apprendimento più o meno sufficienti o mediocri.

E) Effetto eco.

Quando l’insegnante tende a portare nel giudizio sull’allievo atteggiamenti della propria cultura, personalità, stati d’animo, etc..

1.1.1.2. L’EFFETTO PIGMALIONE IN CLASSE.

Tale effetto fu evidenziato da due psicologi, agli inizi degli anni sessanta, R. Rosenthal e K. Fode, che nel corso di un esperimento chiesero a dieci studenti universitari di fare da sperimentatori.

Ad ogni sperimentatore furono affidati 20 ragazzi che dovevano sostenere un test consistente nel valutare delle fotografie di volti neutri. A metà di essi sperimentatori fu detto che era stato appurato che i ragazzi avrebbero valutato positivamente le foto, mentre all’altra metà il contrario. Ciò creò una differenza nei due gruppi. Gli sperimentatori che si attendevano risposte positive avevano trasmesso tale aspettativa nella lettura delle istruzione, nei gesti, etc. e, così ottenendo risposte positive in numero maggiore.

Un altro esperimento famoso di R. Rosenthal e L. Jacobson riguarda una prova in una scuola elementare. All’inizio dell’anno scolastico fu distribuito ai bambini un test di intelligenza e fecero credere agli insegnanti che il test predicesse lo sviluppo dell’intelligenza: segnalati i bambini (scelti a caso) come alunni di sviluppo superiore, ne risultò, otto mesi dopo, che l’aspettativa dell’inse-gnante – che non aveva un riscontro reale – aveva loro giovato, e, ad un secondo test i bambini segnalati risultarono essere più bravi.

I fattori che spiegano l’effetto pigmalione in classe sono quattro, in particolare gli insegnanti che sono stati indotti ad attendere dei buoni risultati:

1) atmosfera: creano un atmosfera socio-emotiva più calda intorno agli allievi “speciali”;

2) feedback positivo maggiore: forniscono a tali allievi un maggiore feedback in rapporto al loro rendimento: danno valutazioni più chiare e decise a coloro dai quali si aspettano risultati migliori e sono molto più attenti alle loro risposte.

3) input: insegnano di più, qualitativamente e quantitativamente ai ragazzi da cui ci si aspet-ta risultati migliori.

4) output: danno a questi studenti maggiori opportunità di rispondere e fare domande, li incoraggiano, pongono loro domande più difficili, concedono loro più tempo per rispondere, cercano di orientarli verso una risposta corretta.

In verità l’esperimento Rosenthal-Jacobson ripetuto altre volte ha dato risultato contrastanti. Ma tale contrasto è stato spiegato da J.D. Finn e C. Braun che sono passati all’analisi dei diversi contesti delle sperimentazioni. Si potè spiegare la diversità di risultato mercè l’interazione dell’effetto alone. Un insegnantepuò venire influenzato non solo dal punteggio ottenuto ad un test, ma da quel punteggio più l’aspetto fisico del ragazzo, più il suo modo di esprimersi e di interagire, più i voti assegnati da altri insegnanti e così via discorrendo.

Non è infrequente che gli alunni più attraenti, o figli di persone influenti, vengano considerati automaticamente più brillanti, o che gli insegnanti valutino di più gli alunni che si comportano in modo educato o quelli che hanno un forte desiderio di successo . A volte crea l’effetto alone anche fattori collaterali o soggettivi come la presenza nella scuola di un fratello maggiore o associazioni con esperienze vissute nella propria infanzia (se un bambino ha delle caratteristiche che lo fanno assomigliare ad un bambino che veniva sempre deriso da a mici e parenti quando eravamo bambini, possiamo avere la tenenza inconscia a sottovalutarlo).

Per non essere vittima né dell’”effetto pigmalione” ne dell’”effetto alone l’insegnnte dovrà:

1) cercare di controllare l’influsso dei fattori del tipo: aspetto fisico, conoscenza dei fratelli e dei genitori, voti precedenti o punteggi ai test del ragazzo;

2) sforzarsi di essere giusto e costante nell’interazione con gli allievi, di modo che ciascun allievo sia interpellato all’incirca in egual numero di volte;

3) cercare di essere positivo ed incoraggiante con tutti. La mancanza di fiducia si percepisce da tutti;

4) concedere all’allievo che ha registrato un voto basso il beneficio del dubbio: molti sono i fattori (ansia, istruzioni fraintese, etc.) che possono abbassare artificialmente il punteggio di un test.

5) Ricordare di fornire a tutti gli allievi, di quando in quando, qualche rinforzo positivo ossia qualche lode o incoraggiamento.

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