sabato 15 marzo 2008

... OLTRE LA PORTA

QUESTO E' CIO' CHE SERVE DI PEDAGOGIA ALTRO CHE T...ZZI


BUONO STUDIO E, GRAZIE A FRANCESCA, CHE INVIANDOMI CIO', TROVATO IN RETE, HA SCOPERTO ANCHE QUALCOS'ALTRO...
PASQUALE



i n i z i o



PEDAGOGIA Introduzione ad una scienza del processo formativo di Paolo Orefice, Ed.Riuniti, Roma, 2006


INDICE

Introduzione

Capitolo 1. La Pedagogia scientifica come sintesi complessa di livelli e campi di ricerca disciplinari
1.1 I paradigmi storici dei saperi scientifici
1.2 Il riesame epistemologico dell'oggetto e del metodo della Pedagogia come scienza complessa
1.3 L'architettura poietica della Pedagogia come scienza complessa

Capitolo 2. Il problema dell’oggetto della Pedagogia scientifica
2.1 Il superamento degli oggetti disciplinari inadeguati: la polisemia dell’educazione
2.1.1 Il problema dell'oggetto disciplinare specifico
L'ambiguità della logica del "dare" educazione
2.1.3 La teoria dell'educazione tra educatore e educando
La ricentratura dell’oggetto disciplinare: la categoria della formazione
2.2.1 La necessità della ricentratura dell'oggetto specifico di indagine
2.2.2 La categoria della formazione
2.3 Il problema del processo formativo del soggetto
2.3.1 Il processo formativo tra offerta di formazione e sviluppo del soggetto
2.3.2 La lettura del processo formativo: dall’approccio unidimensionale all’approccio
multidimensionale

Capitolo 3. L’oggetto e il metodo scientifico: il processo formativo
3.1 Il processo formativo del sistema dei saperi personali
3.1.1 Genesi e dinamica del processo formativo
3.1.2 Il sistema dei saperi personali
3.2 La costruzione della conoscenza personale
3.2.1 Contesto e conoscenza
3.2.2 I domini cognitivi: le forme e i livelli di conoscenza
3.2.3 Dinamica della conoscenza personale tra ordine e piacere
3.2.4 La produzione della conoscenza: i saperi del soggetto


Capitolo 4. Modelli e sistemi di formazione: evoluzione storica, teoria della formazione planetaria e reti di apprendimento locale
4.1 Dalle società dell’educazione informale e formale alla Società europea della conoscenza e dell’apprendimento permanente
4.1.1 Le variabili dell'assetto sociale e culturale
4.1.2 Dalle società preindustriali alla società globale
4.1.3 Lo spazio europeo di Lifelong Learning nella Knowledge Society
4.2 Dal razionalismo disciplinare dell’istruzione alla razionalità planetaria della conoscenza empatica
4.2.1 Dipendenza ed autonomia dell'educazione dalla società: la critica del principio di autorità
4.2.2 Libertà di pensiero, società democratiche e istruzione del razionalismo disciplinare
4.2.3 Meriti e limiti della razionalità separata del modello di istruzione scolastica
4.2.4 Scenari di razionalità planetaria
4.2.5 Cittadinanza planetaria, apprendimento permanente, creazione locale dei saperi


Capitolo 5. Lo sviluppo del processo formativo: metodologia della relazione tra i saperi e tra gli attori
5.1 La valorizzazione dei saperi locali attraverso la rete delle agenzie formative
5.1.1 La metodologia dello sfoglio come approccio al sistema di relazioni
5.1.2 La metodologia della rete come strategia dell’educazione della comunità
5.1.3 La metodologia del progetto locale secondo la ricerca azione partecipativa
La comunicazione dei saperi nell’educazione formale
5.2.1 La formazione competente attraverso i saperi disciplinari interconnessi
5.2.2 La formazione integrata della ricerca azione partecipativa

Bibliositografia


























Capitolo 3. L’oggetto e il metodo scientifico: il processo formativo


3.1 Il processo formativo di costruzione del sistema dei saperi personali

3.1.1Genesi e dinamica del processo formativo

In base analisi svolta fin qui, ora siamo in grado di passare all’esame empirico del processo formativo. Adottando il contributo delle scienze sociali all’interno delle scienze dell’educazione è ora possibile definire il processo formativo nel suo divenire psichico, culturale e sociale. Possiamo procedere affrontando il problema del come nasce e si sviluppa il processo formativo attraverso l’analisi del rapporto che l’uomo stabilisce con l’ambiente: egli “prende forma” all’interno del contesto di vita e delle elaborazioni e trasformazioni che opera su di esso. [1]
Si tratta di una relazione tripolare. dove ogni elemento dal suo versante specifico svolge una influenza attiva sugli altri due e, nello stesso tempo, è condizionato da essi: ai vertici di un ipotetico triangolo troviamo i prodotti materiali della cultura, i prodotti immateriali della cultura, il sistema dell’apprendimento e della costruzione delle conoscenze.
Prodotti materiali della cultura
Prodotti immateriali della cultura
Sistema dell’apprendimento e della costruzione delle conoscenze


I “prodotti materiali di una cultura” rappresentano il campo di analisi del sistema tecnico di vita di una collettività umana, che comprende sia gli artefatti che le forme di organizzazione della produzione materiale (tecnologia ed economia). Con l’espressione “prodotti immateriali della cultura” si intende quella che tradizionalmente viene chiamata cultura spirituale o ideale, gli “ideoetnemi”, cioè tutti gli elementi teorici di una cultura, organizzati in sistemi di sensibilità, emozioni, sentimenti, pensieri assunti a base della vita collettiva. Questi “elementi teorici”, che chiamano direttamente in causa il terzo polo del sistema di relazione riportato, in quanto appunto non si può avere una codificazione di modelli teorici senza la presenza di un soggetto umano che li abbia codificati, rimandano al campo della comunicazione, delle cognizioni, delle espressioni e dei valori: il sistema dell’apprendimento e della costruzione delle conoscenze costituisce il “motore” di cui sono dotati i soggetti per generare, conservare e modificare la produzione culturale all’interno di una società.
In breve, così possono essere riepilogate le relazioni precedenti:
- le condizioni materiali di vita di un gruppo culturale sono tali perché, da una parte, sono legittimate dal sistema di conoscenze e di valori vigenti che le giustifica e ne consente l’esistenza e, dall’altra, sono “internalizzate” dai suoi membri, i quali in esse e non in altre, si riconoscono e sono educati a vivere; nello stesso tempo il sistema materiale di vita, una volta presente in un gruppo culturale, diventa esso stesso un segno vincolante, da una parte per l’orientamento che imprime alle forme di apprendimento e di conoscenza dei suoi membri e, dall’altra parte, per la costruzione delle legittimazioni ideali del suo modo di essere;
- le condizioni immateriali di un gruppo culturale sono tali perché determinate dal sistema materiale della sua esistenza che, attraverso la logica della retroazione, a sua volta è da quelle definito; contemporaneamente, esse funzionano come base e contenuto delle forme di apprendimento e di conoscenza nel gruppo, che dal canto suo tende a rafforzarle e a indirizzarle in un senso anziché in un altro;
- le condizioni dell’apprendimento e della conoscenza in un gruppo culturale, infine, ribadendo quanto già esplicitato, da una parte orientano e sono orientate dalle condizioni materiali di vita del gruppo e dall’altra codificano e sono codificate dal sistema normativo e dai saperi del “gruppo stesso”.
Questo modello tripolare, nella sua struttura generale, può essere riferito a qualunque elaborazione di saperi, attivata dal processo di apprendimento e di costruzione di conoscenze. Se la produzione materiale della cultura esprime il momento della trasformazione della realtà ambientale, la produzione immateriale corrisponde al momento dell’ interpretazione di quest’ultima in termini di bagaglio di conoscenze di cui dispone la cultura di una data società. Ma questo bagaglio di conoscenze si alimenta e si evolve grazie alla presenza dei soggetti che apprendono e, attraverso l’apprendimento, strutturano e alimentano la propria personalità ed il loro sistema di saperi: in questo processo di apprendimento il soggetto crea i saperi che vanno a costituire la produzione immateriale di una cultura — sul piano del patrimonio collettivo delle conoscenze — e, nello stesso tempo, permettono e orientano la produzione materiale della cultura. In altri termini, attraverso questa dinamica complessa di relazioni, il soggetto crea i saperi, i quali quindi possono essere intesi come la condizione per interpretare e trasformare la realtà.
La produzione di saperi è di ogni essere umano: essa è una facoltà della mente, la quale sicuramente, nel rapporto con l’ambiente, produce sistemi di rappresentazione della realtà. Le conoscenze che il soggetto elabora, se vengono legittimate dalla società diventano patrimonio di quella società: la società allora le usa per trasformare la realtà. Il processo formativo sta al centro di questa dinamica: in quanto processo naturale presiede alla costruzione e all’evoluzione del sistema dei saperi in ciascun soggetto umano. Il processo formativo è visto quindi come il motore che consente all’uomo di creare saperi attraverso i quali egli interpreta e trasforma la realtà.
Se l’essere umano non avesse la possibilità di adattarsi alla realtà attraverso la sua interpretazione, non avremmo il processo formativo. Esso è in effetti il segnale della incompiutezza dell’uomo che si va “formando”: attraverso la sua storia personale nel prendere forma elabora conoscenze e saperi. Queste conoscenze e saperi gli servono per rapportarsi alla realtà e per costruire la sua identità e, nello stesso tempo, per accettare e modificare la realtà stessa.
In conclusione, il processo formativo può essere riepilogato nel modo seguente:
Produzione materiale della cultura
Trasformazione della realtà
Produzione immateriale della cultura
Interpretazione della realtà
Creazione dei saperi dei soggetti
Condizione per interpretare e trasformare la realtà
Processo formativo

E’ il processo che presiede alla costruzione ed alla evoluzione del sistema dei saperi in ciascun soggetto umano per potere interpretare e trasformare la realtà. Questa definizione si basa sul modello tripolare prima brevemente illustrato, che ora può essere ripreso e ulteriormente chiarito attraverso questo schema.
Ora, risulta più chiaro perché in questa analisi si è partiti dal rapporto tra concezione della disciplina e tipi di teorie corrispondenti. Nella pedagogia filosofica non era possibile elaborare un tipo di analisi di questo genere perché mancava l’approccio empirico che si avvale, da una parte, dell’antropologia culturale e della sociologia quando si parla di produzione ideale e materiale della cultura e, dall’altra, della psicologia, ma anche della biologia, quando si ragiona sull’apprendimento e sulla creazione dei saperi.
È all’interno della pedagogia scientifica che si è posta la necessità di disporre di codici di formalizzazione adeguati all’approccio scientifico. Lo studio del processo formativo, nel definirsi all’interno del principio già richiamato del primato del soggetto, permette di disporre di uno strumento di analisi delle modificazioni educative che avvengono nel soggetto. Si tratta di modificazioni che avvengono al di là della presenza di un’azione formativa ufficiale. Il processo infatti si sviluppa naturalmente nel soggetto. Corrisponde a quello che viene anche chiamato “processo educativo informale”.
Ci si chiede allora a quale condizione il “processo formativo/educativo formale”, quello istituzionale della scuola e delle altre strutture formative ufficiali, o il “processo formativo/educativo non formale”, di cui si occupano le agenzie educative del territorio, effettivamente hanno un’incidenza sul reale “processo formativo/educativo informale” del soggetto. Infatti non è automatico che un’azione formativa incida, come è sua intenzione e nella direzione voluta, sulle modificazioni del soggetto. Occorre che il processo formativo naturale venga utilizzato per costruire l’offerta formativa.

3.1.2 Il sistema dei saperi personali

Per poter leggere e, quindi, intervenire sul processo formativo naturale, spontaneo, informale, occorre dunque riferirsi al sistema dei saperi del soggetto: i suoi saperi sono la finestra di lettura del processo formativo.
Innanzi tutto va precisato che il nostro modo di interpretare la realtà non passa solo attraverso la conoscenza razionale. Per conoscere la realtà ci avvaliamo anche della conoscenza sensomotoria ed emozionale. Possiamo affermare, sulla base delle ricerche più avanzate sulla costruzione delle conoscenze, che ogni essere umano dispone di un sistema integrato di elaborazione di saperi, che al suo interno si alimenta del potenziale del sentire come quello del pensare e produce saperi sensomotori, emozionali e razionali, diversamente bilanciati all’interno del medesimo sistema. [2]
I saperi in un soggetto costituiscono, come si è già detto, i sistemi di lettura della realtà, in termini di elaborazione dei significati che le si attribuiscono: il sistema dei saperi è dunque il sistema di rappresentazione della realtà attraverso l’elaborazione cognitiva del sentire e del pensare, che è all’origine della creatività degli esseri umani.
La componente sensomotoria ed emozionale dell’elaborazione cognitiva può essere schematizzata nel modo seguente, ma è chiaro che dietro la riduzione semplificatrice c’è l’articolazione delle teorie dell’apprendimento e della costruzione delle conoscenze a cui si è fatto riferimento. La prima elaborazione cognitiva, in senso filogenetico ed ontogenetico, genera saperi percettivi, saperi emotivi, saperi fantastici: inizialmente, il nostro modo di leggere la realtà passa attraverso il campo percettivo. I sensi sono la prima strada, il primo canale di contatto con la realtà, su cui avviene la prima elaborazione del cervello e della mente. Anche il campo dell’emotività ha un peso enorme nello sviluppo dei saperi, sia per la sua maggiore incidenza rispetto agli altri tipi di saperi (tendiamo a conoscere le cose che ci piacciono), ma anche nel senso che le conoscenze che acquisiamo non sono per noi mai completamente indifferenti, ma implicitamente o esplicitamente si colorano di significati emozionali in una direzione o in un’altra. Il campo della fantasia, poi, che mescola liberamente ragione, emozione e sensazione, esprime il passaggio alla fuga dalla realtà e, nello stesso tempo, al possibile ritorno creativo ad essa: è una componente elaborativa sistematicamente presente nel processo di conoscenza. Anche per lo scienziato che è riuscito a formulare una legge, non è tanto la pura razionalità che lo soddisfa, quanto il piacere che riceve dall’aver fatto quella scoperta.
Da questa breve presentazione possiamo cominciare ad anticipare quanto sia importante nell’azione educativa/formativa non lavorare solo sul razionale, ma integrare questo nell’emozionale e nel sensomotorio. In questo senso c’è tutta una pedagogia della gratificazione, del successo, dell’ autoespressione che tende ad espandere al massimo tutte le forme di saperi di cui il soggetto è dotato. Se talvolta le nostre azioni formative ci sembrano noiose, con il risultato che alunni e insegnanti stanno male in classe o che l’educatore professionale non riesce a fare presa sul soggetto che ha in cura, è perché il modo di lavorare regge solo sui saperi razionali. Il soggetto non è coinvolto in tutto il suo essere e il campo dell’autoespressione non viene alla luce. E’ chiaro, a questo punto, quanta importanza abbiano queste considerazioni sulla scelta delle strategie e delle metodologie educative, di cui si parla nei capitoli che seguono.
Il nostro processo formativo si alimenta dunque di questo sistema di elaborazione di significati conoscitivi: è espresso dal processo personale ed indivisibile di costruzione di saperi sensomotori, emozionali e razionali. In esso sono presenti diverse componenti: biologica, psicologica, sociale e culturale. I saperi nascono all’interno della realtà bio-psichica del soggetto e si arricchiscono delle conoscenze che seleziona ed elabora tra quelle che la società e la cultura gli offrono.
Nel processo formativo, infatti, è presente non soltanto la specificità individuale, ma anche la specificità dei gruppi sociali e culturali di appartenenza.
L’aspetto della dimensione sociale e culturale del processo formativo è fondamentale. Esso chiama in causa, ad esempio, il problema degli stereotipi, intesi come modelli rigidi di interpretazione della realtà tipici di un gruppo sociale. In questo caso partire dallo stereotipo del gruppo, vedere attraverso quali cognizioni esso si esprime è fondamentale: solo riuscendo a calarsi nello stereotipo si può lavorare al suo smontaggio da parte del soggetto in formazione perché egli arrivi all’autogestione del processo formativo. Così anche la questione dell’educazione interculturale vista da tale angolatura ha una risposta precisa: l’educazione interculturale non è il semplice avvicinarsi ad un’altra cultura, ma è arrivare a disporre di strumenti mentali di autolettura della propria cultura e di quelle altrui. In questo senso essa diventa un’educazione che dà ai soggetti la possibilità di gestire, ancora una volta, il proprio processo formativo in relazione a quello degli altri.
L’azione educativa va dunque sagomata anche sulla specificità del gruppo come parte di un contesto sociale e culturale più vasto. Se non riesce a spostarsi sul punto di vista dei saperi sociali e culturali del gruppo, l’azione educativa formale può diventare facilmente improduttiva e andare a vuoto: tende a riprodurre schemi mentali, sistemi di rappresentazione della realtà che però non si saldano con quelli del soggetto in formazione, perché gli sono estranei.
In altri termini, l’azione formativa è sempre un’azione relazionale: è sempre un’esperienza di rapporto tra soggetti portatori di saperi diversi sul piano individuale, sociale e culturale.
In questo senso è fondamentale il principio del decentramento dei saperi. Nella pedagogia della trasmissione, l’educatore non si sposta dal suo punto di vista, anzi è il centro rispetto al quale gli altri devono confluire. Mettendo invece al centro il soggetto in formazione, la prospettiva si modifica: è il formatore che si deve decentrare, cioè che si deve situare sul punto di vista dell’altro.
Capire il processo formativo vuol dire quindi conoscere quali sono i sistemi dei saperi dei soggetti con i quali si lavora. È importante dunque nel lavoro formativo/educativo, di tipo formale e non formale, dedicare il tempo dovuto all’analisi dei bisogni individuali e di gruppo, espressi dai saperi personali razionali e non. È un’attenzione che manca nel modello trasmissivo di pacchetti di conoscenze preconfezionati.
Si è parlato fin qui della natura del processo formativo, che corrisponde alla costruzione del sistema dei saperi. Ora ci si chiede quali sono i caratteri e le dinamiche che il sistema presenta.
Una prima peculiarità del sistema dei saperi - va ribadito - è data dal fatto che esso trae origine e si sviluppa nella interdipendenza del soggetto con la realtà: le conoscenze non vengono elaborate nel vuoto del pensiero, ma sulla base del rapporto stabilito con la realtà che nei saperi viene simbolizzata. Se per saperi si intendono le interpretazioni della realtà va da sé che l'unico canale che li fa elaborare è il momento dell'esperienza nel reale, attraverso il vissuto di ciascuno.
Pertanto, il mondo dei saperi di cui ognuno di noi è portatore va considerato in continuo movimento. Esso si muove dentro di noi e ci modifica nel rapporto che abbiamo con il mondo esterno, nella misura in cui impieghiamo i nostri saperi per capire tutto ciò che è altro da noi e per relazionarci ad esso. Il rapporto con la realtà ci porta a giocare con essa una determinata funzione, a decidere quale maschera indossare, quale «persona» dover essere. Le funzioni si vanno delineando sotto la spinta dei bisogni: bisogni di autorealizzazione fondamentalmente. Possono essere latenti: non ci si rende conto facilmente di come i saperi ci spingono a coprire certe funzioni al posto di altre, ad esempio una funzione autoritaria, sotto un bisogno nascosto di affermazione onnipotente; possono essere espliciti, nel senso che vi è la consapevolezza dell'esigenza che li muove, o indotti, ad esempio dalla società di cui si è parte.
Un secondo aspetto importante, già discusso, è l’interconnessione che esiste tra i saperi razionali del pensare ed i saperi sensomotori ed emozionali del sentire. Se consideriamo come un mattone ogni sapere acquisito attraverso il processo di apprendimento, nell'età evolutiva con il primo sviluppo del sistema dei saperi il soggetto costruisce l'edificio della sua personalità. In età adulta l'acquisizione dei saperi è ormai all’interno di un edificio consolidato; la personalità è costruita, anche se non in maniera immutabile, essendo essa stessa soggetta alle evoluzioni delle stagioni dell’età adulta.[3]
Altro elemento importante del sistema dei saperi è il peso. I saperi hanno un diverso peso a seconda della loro natura e dei soggetti che li elaborano. Ad esempio, uno studioso può dare rilevanza maggiore alle conoscenze specialistiche che possiede; oppure in un artista, il peso dei saperi fantastici è più rilevante rispetto agli altri. Nel caso degli adulti i pesi dei saperi sono abbastanza consolidati rispetto all'azione formativa che avviene nell'età evolutiva, che tende a spaziare su un più bilanciato ventaglio di saperi. Più complessa appare l'azione formativa in età adulta poiché tende a recuperare scompensi tra pesi diversi, ad esempio di fronte al tipo «tutto-cervello», o al tipo «tutto-cuore». Il cambiamento è possibile quando si innescano bisogni che motivazionalmente spingono a produrre modificazioni nell'edificio dei saperi consolidati.
Un'altra caratteristica è l'integrazione tra i saperi. In età giovanile e in età adulta assume combinazioni diverse: i saperi individuali, sociali e culturali (come la mentalità della famiglia, del quartiere) nel primo caso si vanno componendo tra di loro come in un puzzle in costruzione, nel secondo caso sono profondamente intrecciati come in un puzzle già compiuto. In tal senso, è ovvio che una persona che vive prevalentemente di condizionamenti culturali rivela una presenza di saperi individuali molto debole: la specificità del suo punto di vista ha trovato pochissimo spazio. In questo caso il lavoro dell'attività formativa tende a recuperare lo spazio dei saperi individuali.
Altro principio è la stratificazione dei saperi. Con l'andare del tempo, attraverso l'esperienza i saperi percettivi, fantastici, emotivi, razionali si sedimentano nel soggetto e diventano le fondamenta del suo modo di vedere e di rapportarsi con il mondo. È difficile quindi che cambino i saperi di fondo, strutturali, dell'adulto; il vantaggio però rispetto alla età dello sviluppo è che l'esperienza dell'uomo adulto, essendo più varia, determina comunque una maggiore articolazione interna nel sistema dei saperi. Nel processo di stratificazione dei saperi all’interno della struttura della personalità individuale e di base[4] l’esperienza del soggetto può alimentare maggiormente i saperi di un dominio conoscitivo (ad esempio quelli razionali) rispetto ai saperi di un altro domino (ad esempio, quelli emozionali) sacrificando in tal modo parte del potenziale cognitivo di una persona.
Altra considerazione importante è riconoscere il carattere di metabolizzazione che presentano i saperi in un soggetto: essi finiscono per diventare parte indivisibile del soggetto stesso. Il sistema dei saperi di una persona si identifica con la persona stessa. Si può dire che essa è la metabolizzazione del sistema di saperi che ha interiorizzato e che ci da l'immagine della sua identità. Non ci deve sorprendere questa affermazione dal momento che la conoscenza prodotta dal processo formativo è parte costitutiva del sistema di vita.
Un'altra caratteristica dei saperi è la loro durata. Ogni sapere ha una curva di vita; tuttavia, quelli non più utilizzati non vengono smarriti, ma finiscono con l'essere assorbiti comunque nei caratteri permanenti della personalità. Il concetto di durata, che si riferisce all'idea di tempo dei saperi, rimanda ai concetti di evoluzione e di profondità. I saperi cambiano e si sedimentano a livello conscio, subconscio, inconscio. Il processo formativo non è tutto esplicito e manifesto. Gli adulti presentano strati di sedimentazione di saperi evolutisi nel tempo più o meno numerosi a seconda dell'età e della pregnanza delle loro esperienze. Si stabilisce in tal modo una permanenza di saperi che consolidano gli stili di vita e i modi di essere delle persone, definendo quelli che sono i caratteri peculiari dei singoli soggetti.
Un'ultima notazione riguarda la patologia dei saperi: questi presentano anomalie lì dove esprimono rigidità e disfunzionalità. Quando un sapere si confonde con la persona a tal punto che questa si identifica in maniera totale con il punto di vista che il sapere esprime e su di esso registra in modo irreversibile la propria mentalità ed il proprio comportamento, allora scatta la patologia nel sistema dei saperi: al suo interno si creano scompensi interpretativi della realtà che determinano malessere: il soggetto vive profonde inadeguatezze. L'azione formativa, soprattutto quella non formale, è chiamata a lavorare particolarmente su tali patologie. Nei casi più gravi il soggetto replica interpretazioni fisse, pur nel variare delle situazioni che ha di fronte, fino ad arrivare a forme coatte di pensieri, emozioni e comportamenti il cui trattamento passa dalle competenze dell’educatore e del formatore al programma terapeutico di natura strettamente psicologica e psichiatrica.
Questa breve sintesi dei caratteri del sistema dei saperi personali ovviamente ha solo una funzione introduttiva; ma è sufficiente per coglierne la complessità e per concludere che il processo formativo attraverso il sistema dei saperi offre la possibilità non tanto di entrare all'interno del soggetto, ma di capire quali sono gli elementi costitutivi della forma che il soggetto via via prende. Svolgere azioni formative, formali e non formali, significa dunque fare necessariamente i conti con il sistema dei saperi che il soggetto individualmente e come gruppo presenta.
Dalla presentazione complessiva del sistema dei saperi prodotto dal processo formativo passiamo ora alla sua analisi in termini strutturali e dinamici, anch’essa necessariamente solo introduttiva.

3.2 La costruzione della conoscenza personale

Le variabili che entrano in gioco nella formazione del sistema della conoscenza personale ci presentano una realtà complessa ed articolata. Abbiamo sottolineato più volte questa peculiarità nelle pagine precedenti, in particolare nella presentazione della genesi e della dinamica del processo formativo. E' importante riconoscere la dimensione della complessità nella costruzione della conoscenza umana: ci permette di evitare di cadere in una sua nozione riduttiva e separata. E' il rischio di ogni approccio specialistico all'esplorazione della dimensione umana il quale non tenga aperte le sue "finestre" sugli inevitabili intrecci di cui essa è costituita e grazie a cui si esprime e si sviluppa. Nello studio della conoscenza umana che di quella dimensione è certamente una zona fondamentale e molto delicata, questo rischio di autoreferenzialità specialistica è particolarmente forte e, dunque, carico di effetti negativi anche in sede formativa.
Possiamo riconoscere come aspetti costitutivi della struttura e della dinamica della costruzione della conoscenza le seguenti variabili, che a livelli diversi concorrono alla formazione ed allo sviluppo del sistema dei saperi personali: i contesti entro cui le conoscenze personali nascono e si evolvono; i domini cognitivi che definiscono la natura e le espressioni dei saperi umani; l'organizzazione del processo di conoscenza che segue un andamento, al tempo stesso, strutturale e dinamico; la produzione del conoscere che si manifesta nelle diverse forme e contenuti dei saperi individuali e collettivi.


3.2.1 Contesto e conoscenza

Il conoscere umano, come la ricerca interdisciplinare contemporanea ha abbondantemente dimostrato e come abbiamo avuto modo di sostenere fin qui, non è né l'adeguamento della mente ad un' oggettività costituita al suo esterno, come gli idealismi di ogni epoca a vario titolo e in diversi modi hanno sostenuto attraverso procedimenti deduttivi, e non è nemmeno una realizzazione tutta interna alla mente che inventa una sua realtà soggettiva, come i molteplici relativismi storici hanno cercato di sostenere attraverso procedimenti induttivi.
E' piuttosto il lavoro di mediazione della mente tra il soggetto e il mondo in cui è immerso[5]: in questa prospettiva la conoscenza non è data se non c'è il soggetto che conosce, ma ugualmente se non c'è il contesto da conoscere (definito in termini generali, al paragrafo precedente, produzione materiale e ideale della cultura). In questo lavoro la mente elabora le interpretazioni cognitive muovendo dai segni che seleziona dall'ambiente e che “riconosce” soltanto se pervengono allo stadio mentale di significati.
Nella conoscenza umana possono cambiare i significati delle tracce del mondo, così come l'esperienza umana può incontrare via via tracce inedite a cui dare il nome; ma gli ingredienti del sistema conoscitivo non cambiano: il soggetto e il contesto e, a legarli, la mente che offre al primo le elaborazioni interpretative del secondo. Si ribadisce che la conoscenza personale non è dunque data a priori, ma viene costruita dal soggetto attraverso le relazioni che stabilisce con l'altro da sé. Di costruzione mentale si tratta che serve al soggetto per riconoscersi nel contesto, relazionarsi ad esso e piegarlo in qualche modo ai bisogni di vita, individuali e collettivi. Di qui nasce, prende forma e si sviluppa la storia dei saperi dei soggetti come individui e come gruppi organizzati in società e culture: nel primo caso, essa finisce con il fondersi con la loro esperienza personale di vita; nel secondo, con le esperienze di antropizzazione dei territori attraverso gli artefatti prodotti dalla medesima conoscenza nella manipolazione della natura.
Per entrare nel merito del rapporto conoscenza -contesto osserviamo, ad esempio, quello che sta avvenendo negli attuali processi di globalizzazione con la presenza sempre più invasiva della Tecnologia dell'Informazione e della Comunicazione (TIC). [6] Tale tecnologia costituisce nel nostro tempo la forma di contesto più elaborato con il quale gli uomini e le donne del Villaggio globale si trovano sempre più a fare i conti: tra gli artefatti realizzati sin dalle origini nei processi di antropizzazione, la TIC assume sempre più ed in maniera irreversibile il carattere di ambiente imprescindibile di cui esplorarne i segni e di cui elaborare significati. In altri termini, la TIC, prima ancora di essere veicolo di saperi, è di per se stessa ambiente di conoscenza: affermare che "il medium è il messaggio"[7] vuol dire che, come ogni artefatto umano, anche questo basato sull'elettronica condiziona e orienta la stessa costruzione dei significati che la mente elabora. Il contesto, tecnologico nel caso in esame, non è indifferente nei processi di elaborazione dei significati; in questo senso, come si è detto prima, esso svolge una funzione fondamentale nella mediazione conoscitiva. E' un alfabeto da leggere: e come tutti gli alfabeti dell'ambiente naturale e antropizzato è un insieme di segni con i quali la mente deve fare i conti e che la condizionano nell'elaborazione dei significati.
Per l’inscindibile relazione tra contesto e conoscenza le implicazioni che ne derivano nel fare formazione non sono di poco conto, dal momento che tale relazione incide profondamente nel processo formativo. Al riguardo, ritorniamo all’esempio delle TIC , la cui incidenza va presa seriamente in considerazione nella programmazione e nella gestione della formazione on line. A questo proposito, va precisato che il problema non si riduce semplicemente all'alfabetizzazione informatica, intesa come conoscenza della macchina e del funzionamento dei programmi, certamente necessaria per utilizzare la formazione via PC. Come ambiente che media l'apprendimento, il sistema tecnologico induce determinate strutturazioni mentali, senza le quali o viene sottoutilizzato o viene utilizzato con difficoltà ed errori oppure addirittura viene rifiutato: dove il suo rifiuto parziale o totale compromette anche l'apprendimento utile dei contenuti che veicola. Non è una novità nei processi di formazione: come si può ridurre o perdere l'acquisizione di capacità disciplinari, ad esempio matematiche o storiche o letterarie, se il contesto dell'insegnamento in presenza blocca in qualche modo la mediazione conoscitiva, così un ambiente tecnologico - ad esempio, nell'organizzazione dello spazio o nelle forme di visualizzazione o ancora nell'articolazione reticolare dei contenuti – può essere di ostacolo all'apprendimento se non riesce a stabilire una connessione mentale positiva ed attivante con il soggetto che deve usarlo. Gli esempi al riguardo possono essere molti: si pensi alla difficoltà di accesso al PC e ad Internet di generazioni di adulti i cui schemi mentali sono fortemente strutturati sulle sequenze logiche lineari delle pagine di libro e che si perdono di fronte a pagine elettroniche costruite con la logica reticolare. Oppure, si pensi alle difficoltà di utilizzazione dei programmi di E-Learning nelle comunità indigene del terzo mondo, dove il Digital Devide prima che tecnologico è mentale, nel senso che la strutturazione dei processi cognitivi nelle culture orali segue andamenti e dinamiche lontane dall'asetticità razionale della cultura e della tecnologia elettronica.
Sono problemi di rapporto tra forme di linguaggio e conoscenze da costruire che si ripropongono regolarmente ad ogni passaggio storico di cambiamenti strutturali degli ambienti in cui sviluppare apprendimento. E' accaduto ed accade tuttora, ad esempio, nell'educazione degli adulti nel passaggio dagli alfabeti orali a nuovi alfabeti scritti, in cui la mediazione cognitiva tra segni dell'ambiente e significati per interpretarli ha registrato insuccessi di apprendimento, che possono essere scambiati dagli insegnanti per incapacità di apprendimento.
Dalla presente analisi, per quanto sintetica, si evince che lo stretto rapporto tra contesto e costruzione di saperi personali è da chiamare in causa direttamente nel lavoro intenzionale sul processo formativo. Nel caso delle TIC il sistema della formazione on line, per altro nuovo e complesso rispetto a quello in presenza, non va dato né per scontato né per neutrale nella costruzione dei saperi personali, ma va visto come ambiente che condiziona l'apprendimento, in qualunque senso e, come tale, va monitorato e preso in esame nella programmazione dell' apprendimento attraverso Internet ( E-Learning, che sta per Electronic Learning ).


3.2.2 I domini cognitivi: le forme e i livelli di conoscenza

Un'altra variabile fondamentale dell'approccio allo sviluppo della conoscenza personale come sistema ed alle sue profonde implicazioni nel lavoro di formazione è la concezione stessa che si assume di conoscenza, dal momento che è essa ad essere veicolata attraverso qualunque processo formativo.
E’ importante ribadire come la lettura complessa delle forme e dei livelli di conoscenza si sia sviluppata all’interno dello stesso pensiero scientifico, nato sulla base del riconoscimento del primato assoluto della ragione. Bisogna tornare su questioni già sottolineate e che saranno ulteriormente riprese da altre angolature.[8] Nella nostra cultura occidentale, soprattutto dalla nascita in poi della conoscenza scientifica moderna, si attribuisce valore conoscitivo solo o preminentemente al pensiero razionale fino ad assumere, nella nozione stessa di razionalità, il concetto di vero e di giusto. Per tale via la razionalità, cartesianamente intesa, non solo viene identificata nel pensiero occidentale come il più oggettivo e, dunque, il migliore possibile per il mondo intero, ma svuota di ogni dignità conoscitiva qualunque altra forma di costruzione umana di significati e, pertanto, considera fuorvianti se non dannosi i movimenti del sentire, per cui ogni buona formazione li deve tenere fuori campo, anzi ignorarli o, meglio ancora, eliminarli. Nel secolo scorso è stata questa stessa razionalità asettica e neutrale che si è dimostrata dannosa per sé e per il mondo stesso quando è venuta scoprendo che la sua mitizzazione, iniziata in epoca moderna con il primato assoluto dell’uomo sulla natura e continuata con l’esaltazione dei lumi della ragione e della scienza positiva, che avrebbe dovuto realizzare uno sviluppo lineare, progressivo e diffuso, è stata sconfessata pesantemente dalle involuzioni delle grandi guerre planetarie, dagli sfruttamenti enormi dei Paesi del sud ai danni delle popolazioni colonizzate fino ai grandi e preoccupanti squilibri ecologici del sistema pianeta indotti da una razionalità tecnologica senza anima. Questa razionalità impassibile ed autoreferenziale si è scoperta nuda, insicura e separata ed ha cominciato ad esplorare le zone dell’umano a cui meno aveva prestato attenzione: le scienze sociali e la psicanalisi in primo piano hanno portato all’ordine del giorno dell’agenda scientifica internazionale le zone non razionali e inconsapevoli della struttura dell’uomo, delle società e delle culture. Le stesse scienze della vita si sono applicate allo studio dei processi biochimici più profondi e la ricerca interdisciplinare degli ultimi decenni ha superato ogni lettura rigidamente riduzionistica della realtà, umana innanzi tutto, evidenziando logiche e dinamiche complesse e interconnesse a base dello sviluppo della natura come dell’uomo e delle culture.
Questa rivoluzione di paradigmi storici ed epistemologici del secolo scorso ha portato profondi rivolgimenti nel modo stesso di intendere la natura della conoscenza umana, della sua struttura dinamica e delle sue forme espressive. La cognizione ha perso la sua esclusività di pensiero razionale, che costituisce comunque il dominio cognitivo arrivato a maturazione nella specie umana, e la si è riconosciuta presente anche nelle forme dell’intelligenza emozionale e sensomotoria, che esprimono i domini o livelli cognitivi ereditati dalle specie precedenti attraverso la loro evoluzione filogenetica, in particolare del loro sistema nervoso.
In questa apertura di inediti e affascinanti scenari di esplorazione della conoscenza umana e dei suoi domini cognitivi sensomotorio, emozionale e razionale, la sua costruzione appare basata su una struttura ed una dinamica molto più complesse; ma soprattutto diventa sempre più chiara l’inadeguatezza di una conoscenza personale alimentata solo di pensiero senza coinvolgere le zone del sentire, con tutti i guasti che ne derivano alla personalità dimezzata ed all’agire nel mondo attraverso i saperi di una razionalità asettica e separata (comunque vincolata al sentire, anche negandolo in vari modi, non ultimo quello della rimozione).
Nelle scienze della formazione e nella pedagogia scientifica questa prospettiva impone un riesame delle teorie e delle pratiche formative. Al riguardo, riprendiamo l’esempio precedente delle TIC nell’attività formativa. E’ chiaro che l’apprendimento on line ne è particolarmente coinvolto: essendo la tecnologia informatica e telematica il risultato di una razionalità particolarmente avanzata, il rischio di una didattica tutta razionalizzante è reale. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: le sue grandi potenzialità di informazione e comunicazione sono una grande risorsa per veicolare e gestire attraverso l’apprendimento intenzionale le forme complesse del pensare e del sentire della più vasta comunità umana.[9]


3.2.3 Dinamica della conoscenza personale tra ordine e piacere

Se la conoscenza è costruzione di significati a partire dai segni distribuiti nei più diversi ambienti, ci si domanda quale dinamica presiede alla sua strutturazione.
La cognizione razionale è guidata dalla regola dell’ordine logico, per contrastare il suo opposto, il dis-ordine conoscitivo: i significati elaborati sono le idee espresse dal pensiero, che attraverso la grammatica del linguaggio dà nome ai segni. Il nominare è la spiegazione razionale del segno che viene restituito alla mente attraverso l’interpretazione; questa a sua volta, ne situa in un posto della realtà le parti costitutive e lo esprime nelle forme chiarificatrici della parola, che porta a termine il processo di concettualizzazione del segno, trasferendolo nell’ordine astratto e simbolico della ragione.
La cognizione emozionale e, prima ancora, sensomotoria è guidata invece dalla regola del piacere. Anche questa obbedisce ad una logica ben precisa, ma non è quella della razionalità consapevole. Essendo i domini cognitivi del sentire legati inizialmente a forme di vita meno evolute di quella umana, la loro logica di costruzione dei significati è più direttamente connessa alle ragioni della sopravvivenza, in termini di conservazione della vita sia dell’individuo che della specie. Tale forma di conoscenza, pertanto, è mossa dalla logica dei bisogni primari dell’esistenza, che non hanno alcuna mediazione razionale e generano, quindi, significati interpretativi del reale che presentano originariamente i caratteri dell’immediatezza e dell’inconsapevolezza. I significati del sentire non hanno pertanto né la lucidità né la compiutezza del pensiero e non si esprimono nel linguaggio della parola che formalizza il concetto astratto, ma adottano il linguaggio dei sensi e delle emozioni, guidato dalla logica dell’avvicinamento e dell’allontanamento, negli uni, e dell’attrazione e della fuga, nelle seconde: ambedue sono espressioni cognitive evolutesi nelle trasformazioni filogenetiche del sistema nervoso degli invertebrati e dei vertebrati. In questa accezione originaria la logica del piacere, con il suo antagonismo del dis-piacere, presiede alla costruzione dei significati delle sensazioni e delle emozioni come forme interpretative dei segni dell’ambiente in quanto potenziali generatori di soddisfazione o meno dei bisogni primari della vita e, quindi, fonti di desiderio o di avversione.
Nella specie umana, essendo presenti i domini cognitivi sia del pensare che del sentire, le due logiche dell’ordine vs dis-ordine e del piacere vs dis-piacere convivono all’interno del medesimo potenziale conoscitivo: sarà la storia della formazione, cioè del prendere forma di ciascun soggetto, considerato nella sua individualità irripetibile e nella sua appartenenza a determinati gruppi umani, che dirà se questo potenziale originario si è poi sviluppato nella direzione del predominio relativo o assoluto della conoscenza del sentire o della conoscenza del pensare, con la conseguenza di ridurne le capacità interpretative del reale e, dunque, di una collocazione vantaggiosa del soggetto nell’ambiente; o se invece si è sviluppato nella direzione della modulazione tra conoscenza del sentire e conoscenza del pensare, con l’effetto benefico di migliorarne le capacità interpretative e trasformative del mondo.
Il dibattito degli ultimi decenni sulla formazione ha introdotto la problematica su quale tipo di conoscenza l’azione formativa accoglie e promuove al suo interno: gli studi che si vanno sempre più diffondendo sull' intelligenza emozionale, alimentata dal cervello emotivo, mentre pongono al centro del processo formativo la molteplicità e la complessità del lavoro mentale, richiedono il superamento dell'approccio alla razionalità pura attraverso l'approccio basato sulla razionalità patica o emotività razionale[10], in nome di una più avanzata coerenza scientifica che rimanda ad una visione meno occidentalocentrica e più transculturale e planetaria dei processi di sviluppo umano. Riprendendo il caso formazione on line, si coglie allora come non può evadere essa stessa da questa sfida, sia per il suo carattere profondamente innovativo sia per la sua capacità di erranza oltre i confini delle società e delle culture.


3.2.4 La produzione della conoscenza: i saperi del soggetto

Per completare questa breve presentazione dell’architettura del sistema della conoscenza personale, rimane da chiarire cosa esso produce.
In termini generali, come è risaputo, la conoscenza umana è all'origine della storia, delle sue culture e società: è esattamente la causa e l’effetto di quella produzione materiale e immateriale della cultura di cui si è parlato prima, a proposito della genesi del processo formativo. Senza il potere di costruire significati per interpretare il mondo e per trasformarlo non sarebbe stata possibile l'antropizzazione del pianeta, la quale da pochi decenni si sta espandendo allo spazio che l'avvolge. Ma al di là di questi esiti finali, ci si chiede qual è il prodotto specifico del potenziale cognitivo: sono i saperi che ciascun essere umano costruisce per sé e spende nel corso dell'esistenza per vivere con gli altri nel suo ambiente storico. E’ una problematica trasversale a tutto il presente lavoro sul processo formativo.
Di questa produzione di saperi, iniziata sin dalle origini della preistoria e diversificatasi nel tempo all'interno dei territori abitati dagli uomini e dalle donne, parte è scomparsa con quegli stessi che l'hanno generata ed utilizzata, parte è rimasta visibile attraverso le innumerevoli testimonianze dell'antropizzazione: dalle tradizioni orali ai testi scritti, dalle rappresentazioni iconografiche agli artefatti, dalle opere della tecnica alle produzioni ideologiche e scientifiche.
Nel tempo ogni società e cultura tra i saperi stratificati della storia e tra i nuovi saperi emergenti ha selezionato, non senza conflitti e lotte interne, quelli maggiormente funzionali alla loro conservazione e sviluppo: questi di volta in volta sono stati investiti di legittimità e fatti acquisire dalle diverse generazioni attraverso le molteplici forme della socializzazione e dell'inculturazione.
Nella nostra cultura razionale degli ultimi secoli la codificazione dei saperi accreditati è stata formalizzata nel corpus delle discipline alimentate dalla ricerca scientifica e tecnologica, oltre che dalle ideologie maggiormente presenti negli ultimi secoli in occidente: questo processo di razionalizzazione della conoscenza ha portato a trattare tutti i saperi, anche quelli maggiormente intrisi dei domini del sentire - come i saperi dell'arte e della letteratura, oppure quelli storici e sociali -, in termini di intellettualismo integrale, al punto di identificare la conoscenza nella razionalità incontaminata, come è stato spiegato prima.
La formazione ha fatto sua questa assunzione di panrazionalismo dei saperi, rinchiudendoli in una strutturazione logica tanto ordinativa quanto spoglia da ogni implicazione dei sensi e delle emozioni. La conseguenza è stata duplice: da una parte, i saperi delle discipline sono stati tradotti in contenuti di concetto a sé stanti, validi nella loro formulazione asettica di costrutti astratti; dall'altra, i soggetti in apprendimento sono stati considerati come altrettante menti fatte di pura razionalità e, quindi, idonee ad incamerare idee valide in sé e per sé.
Le metodologie didattiche che si ispirano a tale impostazione non prendono in considerazione, dunque, la soggettività di colui che apprende come portatrice di saperi costruiti con i materiali del pensare e del sentire: i saperi pregressi del soggetto in formazione o non entrano nella gestione del processo formativo oppure, se sono presi in esame attraverso le varie ricognizioni e bilanci di conoscenze di ingresso, sono assunti soltanto come concetti preesistenti nel soggetto medesimo. Del resto, si sa, lo scotto di questa istituzionalizzazione delle conoscenze esclusivamente come concetti/contenuti/ informazioni è il ritardo o l'espulsione dai percorsi formativi di chi dispone di un'altra costruzione di saperi, soprattutto se basata sul senso comune che è forte carica patica; un altro scotto è l'allineamento su quel tipo di sviluppo intellettuale, carico di concetti ma non educato alla gestione dei linguaggi dei sensi e delle emozioni, destinato a riprodurre l'intellettualità autoreferenziale e separata del passato, oggi quanto mai inadeguata a comprendere e ad intervenire nei complessi e delicati processi interculturali e transculturali della società planetaria della conoscenza.
[1] Lo studio di un modello di riferimento di tale genesi ed evoluzione a partire dall'approccio culturale è stato già affrontato da chi scrive nelle ricerche condotte fin qui: in particolare, il presente modello è stato formalizzato negli anni '90 (Il lavoro intellettuale in educazione, ed. cit.; Didattica dell’ambiente, Firenze, La Nuova Italia, 1993) e ulteriormente approfondito nei recenti lavori sul potenziale conoscitivo (I domini conoscitivi, ed. cit.; La formazione di specie, ed.cit.): a questi ultimi due volumi fa riferimento maggiormente il capitolo.

[2] Per una bibliografia analitica si rimanda ai volumi citati nella nota precedente ed ai riferimenti bibliografici finali del libro. In questa sede è sufficiente mettere in evidenza l'approccio interdisciplinare utilizzato: esso va - citando alcuni maggiori autori di riferimento - dalle indagini sulle menti animali (D.R. Griffin; C. Allen, M.Bekoff) alle ricerche di biologia della cognizione e di realizzazione del vivente (H. Maturana, F.Varela; F.Capra) e delle neuroscienze sul cervello emotivo (J.LeDoux, A. R. Damasio), dagli studi sulla cognizione umana in termini di pluralità di intelligenze (H.Gardner) e di intelligenza emotiva (D.Goleman) ai contributi del costruzionismo sociale sulle emozioni (R. Carrè) ed alle ricerche filosofiche sull'intelligenza delle emozioni (M.C. Nussbaumm). I processi di costruzione della conoscenza rimandano anche alla semiotica: si veda, al riguardo, la nota 30 del capitolo 5.
[3] D. Demetrio, In età adulta. Le mutevoli fisionomie, Milano, Guerini, 2005 e Tornare a crescere. L'età adulta tra persistenze e cambiamenti, Milano, Guerini, 1998
[4] M. Dufrenne, La personnalitè de base, Paris, PUF, 1972
[5] G.Bateson, Mente e natura, Milano, Adelphi, 1999
[6] La questione viene ripresa nel capitolo successivo per le profonde implicazioni che ne derivano per una teoria pedagogica generale dei processi formativi nella nostra epoca.
[7] M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1967
[8] Ci si riferisce alla critica della scienza separata ed all’affermazione della scienza complessa, di cui si è parlato precedentemente, ma anche alla necessità dello sviluppo di una razionalità empatica come teoria della formazione in un umanesimo planetario, di cui si parla nel capitolo che segue.
[9] P. Levy, L'intelligenza collettiva, Milano, Feltrinelli, 1996
[10] Cfr. M.G.Contini , Per una pedagogia delle emozioni, Firenze, La Nuova Italia, 1997

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